Ganjifa - foto di fredericknoronha

Ganjifa

Ganjifa sono un'antica raccolta di carte indiane usate molte probabilmente per giochi d'azzardo antenati del poker moderno.

Giocatori

Non specificato. Forse dai 2 ai 4 giocatori.

Mazzo

Il mazzo di Ganjifa è formato da semi che sono sempre costituiti da 12 soggetti, i cui sfondi sono colorati. I valori comprendono carte non figurate che vanno dall'1 (o asso) al 10, e due figure: un ministro (o consigliere) e un re. Le carte non figurate hanno i segni del seme, più o meno stilizzati, distribuiti secondo varie disposizioni, una libera scelta dell'artista autore del mazzo, benché spesso influenzata dalle tendenze locali. Negli stili con più di otto semi alcuni colori possono rassomigliarsi, ma in questo caso i bordi, chiaramente diversi, ne facilitano il riconoscimento. Edizioni provenienti dalla stessa area non solo hanno illustrazioni simili ma anche sfondi coincidenti, che invece differiscono da quelli di mazzi prodotti altrove. I nomi dati alle due figure sono tanto in farsi, la lingua ufficiale dei Mughal, che in sanscrito, anticamente parlato dagli Indù, che in hindi. Le loro illustrazioni ritraggono figure umane ed incarnazioni delle molte divinità indiane, in diversi atteggiamenti, che cambiano a seconda dello stile del mazzo e delle tradizioni della regione. Nel gioco, l'ordinamento naturale delle carte non figurate (1 la più bassa, 10 la più alta) è seguito solo da metà dei semi, mentre i valori di quelli rimanenti sono ordinati al contrario (1 è il più alto, 10 il più basso). I semi del primo gruppo sono detti bishbar ("forti"), mentre quelli con ordinamento rovesciato sono detti kambar ("deboli"); espressioni alternative usate in alcune aree centrali del paese sono dahele-bandibaji ("semi a 10 alto") e ekka-bandibaji ("semi a 1 alto"). Oggi le carte Ganjifa vengono realizzate con strati di carta pressati, ma in Orissa è ancora usata la stoffa. Dapprima, i teli vengono bagnati con colla ottenuta dai semi di tamarindo; una volta asciutta, per mezzo di uno stampo la stoffa inamidata viene tagliata a cerchi, due dei quali incollati assieme formeranno ciascuna carta; quindi è applicata una pasta di gesso per rendere la superficie uniforme, e infine le carte vengono dipinte.

Regole

Le carte indiane erano usate per giochi di presa,lo stesso tipo di schema col quale venivano usati i primi tarocchi europei, ora rimpiazzati dalle varianti regionali che da essi sono scaturiti. Sebbene il gioco praticato con le carte Ganjifa fiorì fra i Mughal nella sua versione a otto semi, i giocatori indigeni (indù) sentirono l'esigenza di preservare l'antico schema, cioè quello del presunto Kridapatram, più vicino alle tradizioni della loro terra. Trassero quindi l'ispirazione dalla religione locale per illustrare le figure e creare i loro propri semi. Il più importante stile Ganjifa non-Mughal è il Dasâvatâra. Sono comunque giochi antichi di cui non sono pervenute regole precise o stili di gioco.

Scopo

La teoria prevalente riguardo alle carte Ganjifa è che questo stile sia nato in Persia, verosimilmente sotto l'influenza di carte da gioco provenienti dall'Oriente (forse mazzi a semi monetari), raggiungendo l'India al tempo degli imperatori Mughal. Tuttavia, nella locale tradizione orale si trovano tracce di carte simili e di molto antecedenti (pre-Mughal). Si chiamavano Kridapatram, il cui significato è all'incirca "stracci dipinti da gioco", e la composizione del mazzo era apparentemente basata sul 12: questo infatti era il numero dei semi, ciascuno dei quali era composto da un analogo numero di carte, e usavano segni quali cavalli, elefanti, uomini, ed altri di questo genere.
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